Se, nella Storia della logistica, gli ultimi due anni saranno ricordati come quelli del grande cambiamento, dell’avvio di dinamiche nuove, di una consapevolezza (ri)trovata e della definizione di paradigmi inediti, nella storia di ogni singola azienda del settore, identificheranno una pietra miliare, che segna, nel bene o nel male, la direzione presa da ciascuna negli anni a seguire.
Nel caso di ManHandWork, azienda con sede a Torino, specializzata nella gestione di progetti di appalto in ambito logistico, questi ultimi due anni saranno ricordati come quelli della svolta, di un decollo in termini di fatturato, numero di dipendenti, espansione del raggio di influenza, crescita generale.
Quattro volte tanto
Il numero che Marco Covarelli, presidente e fondatore della società, ha deciso di indicarci come riferimento per dare l’idea della portata del cambiamento avvenuto è emblematico e dice molto non solo dello sviluppo aziendale, ma anche del principale fattore che ne è alla base.
“Quest’anno abbiamo deciso di festeggiare i nostri primi dieci anni di attività organizzando una convention aziendale sul Lago di Garda: si tratta della seconda, dopo quella organizzata nel 2019 a Torino.
Per la vita dell’azienda è un momento importante e ha una triplice finalità: la prima è permettere allo staff di fare squadra, la seconda offrire ai partecipanti l’opportunità di interagire in un contesto ludico, informale e conviviale, la terza, fondamentale, è quella di aprire un confronto e, eventualmente, un ripensamento sulle procedure operative che regolano la vita aziendale in termini di sicurezza, gestione degli infortuni, assunzioni, organizzazione del personale e di altri aspetti che, per evidenti motivi, sono cruciali in un contesto, quale è il nostro, in cui il lavoro delle persone è al centro di tutto.
Ebbene queste riunioni coinvolgono lo staff di sede, a cui si aggiungono tutti i responsabili e team leader: nel 2019 eravamo una trentina di persone, quest’anno 120”.
I fattori endogeni ed esogeni della crescita
Uno sviluppo che Covarelli ascrive a fattori esogeni ed endogeni. A proposito di questi ultimi afferma: “Abbiamo seminato per anni valori quali trasparenza, professionalità, affidabilità, valorizzazione delle persone.
Ci siamo strutturati, anche quando probabilmente non avevamo i numeri per poterlo fare. Abbiamo investito e conseguito le certificazioni di qualità e sicurezza, abbiamo integrato in azienda l’Organo di Vigilanza secondo il modello 231, offrendo ai nostri clienti un clima di sicurezza che, onestamente, non è facile trovare in un mondo complesso come quello degli appalti”.
Da circa due anni l’organigramma è stato inoltre arricchito della figura di una vicepresidente e amministratrice delegata.
“Annalisa Cavallo era già attiva in azienda come responsabile delle risorse umane e oggi, oltre a mettere a terra e rendere concreta la vision imprenditoriale, si occupa in prima persona di curare tutte le relazioni sindacali, un ambito che per noi è estremamente strategico, offrendo una garanzia importante ai committenti.
Responsabilità verso i lavoratori
La stessa sicurezza abbiamo cercato di darla, all’interno, alle nostre persone – prosegue Covarelli -. Solo per fare un paio di esempi: in azienda la figura di RSPP interno è coadiuvata da una risorsa dedicata e gestiamo internamente tutto il processo di elaborazione delle buste paghe, non tanto per un motivo di convenienza economica, quanto piuttosto per stare vicino a dipendenti e collaboratori.
Nel nostro contesto, la consegna delle buste paga è un momento topico per la vita del lavoratore, soprattutto nel caso di dipendenti extracomunitari che destinano buon parte dello stipendio a casa, nel Paese d’origine.
Consegnare i cedolini di persona, fornire un punto di riferimento in grado di risolvere immediatamente eventuali errori è uno strumento potente per fidelizzare e tranquillizzare i lavoratori. E la fidelizzazione è stata fondamentale per garantire continuità operativa durante i primi mesi della pandemia, quelli più difficili soprattutto dal punto di vista psicologico”.
La cartina di tornasole
In particolare, secondo Covarelli, proprio la disponibilità del personale a mettersi in gioco anche in un clima di paura come quello che ha caratterizzato il lock down, non solo ha fatto la differenza a livello di produttività e continuità, ma è stata anche una cartina di tornasole del legame che le aziende hanno saputo stringere con i propri lavoratori.
E questa lezione ha rivelato, o forse sarebbe meglio dire, confermato, un’altra verità. “Senza nulla togliere alle potenzialità della tecnologia – chiarisce Covarelli – tutti ci siamo ricordati che, anche in un ambiente 4.0, se mancano le persone la catena a un certo punto si ferma, la merce dal magazzino non esce.” Una presa di coscienza che ha, di fatto, cambiato le carte in tavola.
“Da questo shock, i committenti hanno iniziato a collaborare maggiormente con i propri partner logistici, coinvolgendoli nelle decisioni chiave che riguardano, per esempio, la definizione del layout, la scelta del sistema informatico, dei mezzi di movimentazione, l’organizzazione dei flussi.
Non siamo più considerati solo come meri esecutori, fornitori di forza lavoro, ma interlocutori da far sedere al tavolo dell’analisi e della progettazione. Io dico: era ora!”
Oltre alle “braccia” c’è di più
Affinché questo succeda, il fornitore, è chiaro, deve dimostrarsi all’altezza di reggere una simile sfida e non tutte le realtà, cooperative e non, sono in grado di farlo.
“Noi eravamo pronti” conferma Covarelli. Merito, oltre che di un’attitudine che è il risultato di un know how maturato in più di quarant’anni di lavoro nella logistica, del lavoro di due reparti chiave nella vita di ManHandWork: l’ufficio di logistics intelligence e l’attività di ingegneria del lavoro.
Alice Borsani
Estratto dell’articolo pubblicato sul numero di dicembre 2021 de Il Giornale della Logistica
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