“Il datore di lavoro di conducenti di autoveicoli pesanti impiegati nel trasporto internazionale è l’impresa di trasporto che esercita su tali conducenti l’autorità effettiva, sopporta il costo salariale e dispone del potere effettivo di licenziarli, e non quella con la quale il lavoratore-conducente ha stipulato un contratto di lavoro”.
È quanto afferma la sentenza del 16 luglio scorso emessa dalla Corte di Giustizia europea, chiamata a dirimere la diatriba tra Afmb (società con sede a Cipro) e l’ente statale olandese di previdenza sociale entrati in causa per questioni legati alla retribuzione di autisti distaccati nei Paesi Bassi.
La diatriba Olanda – Cipro
In particolare, la vertenza è partita dalla richiesta dell’ente previdenziale olandese di sottoporre alla normativa dei Paesi Bassi sulla previdenza sociale alcuni autisti che la società cipriota Afmb aveva distaccato presso alcune imprese di autotrasporto olandesi, applicando le retribuzioni (compresi i contributi previdenziali) di Cipro, che sono più favorevoli rispetto a quelle olandesi.
Dopo una serie di corsi e ricorsi, il caso è arrivato alla Corte Europea che ha dato ragione all’Olanda sostenendo, in pratica, che i contributi devono restare in Olanda poiché sono di fatto le aziende olandesi a farsi carico del costo del lavoro degli autotrasportatori.
Prima della sentenza, invece, i contributi sociali “migravano” a Cipro perché quegli stessi autisti, distaccati in Olanda, risultavano impiegati da una società cipriota.
Conftrasporto: “un duro colpo al dumping sociale”
“Con questa sentenza, giunta dopo l’approvazione del primo Pacchetto mobilità, la questione del dumping sociale ha quindi registrato una nuova ‘scossa’, che si ripercuote sulla sicurezza e incide sulle entrate dello Stato – ha dichiarato il vicepresidente di Conftrasporto-Confcommercio Paolo Uggè.
” La Corte europea ha stabilito un principio importante, che impatterà sui rapporti in essere tra imprese e conducenti in tutti i Paesi europei”.
E in Italia?
“L’azione olandese ha portato a quadro di certezze per i lavoratori e per le entrate dell’Ente che gestisce la previdenza sociale – aggiunge Uggè.
“Ma mentre l’Olanda ha raccolto il grido d’allarme delle proprie imprese, l’Italia è rimasta a guardare.
Spiace per il tempo perso dal nostro Paese, che ha passivamente consentito che il fenomeno della concorrenza sleale prendesse piede e danneggiasse lavoratori e imprese nazionali.”
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